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Mons. Guido Gallese nuovo Vescovo di Alessandria

20/10/2012

 

Carissimi,
Il Santo Padre mi ha scelto per essere pastore della Chiesa di Alessandria. A Lui indirizzo il mio pensiero
riconoscente per questa grande fiducia e Lo ringrazio di cuore per l'altissimo e luminoso Magistero che dona alla Chiesa Cattolica. Guardando le cose nella prospettiva divina mi rendo conto che sono stato scelto non perché bravo, ma perché “normale”, anzi: fragile; infatti sono stato scelto perché il Signore vuole far vedere la sua salvezza attraverso la mia povertà: “Abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi” (2 Cor 4,7) e “Ti basta la mia grazia: la mia forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12,9). Questa è una prospettiva rasserenante: se è il Signore a chiamarmi, non mancherà di sollevarmi se a lui mi affido: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28). Diventa perciò chiaro che il mio compito è quello di fidarmi del Signore, di andare dovunque Lui mi mandi e di mettere tutto nelle sue mani di misericordia: Egli tutto vede, tutto comprende, tutto guarisce. Perciò dico con entusiasmo: “Eccomi, cara Chiesa di Alessandria!”. Non vengo a voi con potenza di parola o di opere, non con sapienza: non voglio sapere altro in mezzo a voi se non Cristo e Cristo crocifisso! (cfr. 1 Cor 2,2). La mia prima parola è per i carissimi confratelli nel sacerdozio: Pace a voi! (Gv 20,19). Voi siete il mio primo affetto; innanzitutto con voi ho intenzione di vivere questo Anno della Fede appena iniziato, chiedendo a Dio che ci porti, attraverso le sue vie misteriose ed imprevedibili, ad accrescere la nostra fede di pastori, che è la dote più necessaria di tutte se è vero che la Lettera agli Ebrei esorta i fedeli ad imitare la fede di chi ha annunziato loro la Parola di Dio (Eb 13,7). Il Signore benedica il vostro ministero e il nostro cammino comune: che sia fondato e tenuto nell'unità dall'Eucaristia, Fonte e Culmine della vita cristiana (cfr. SC 10). Ai consacrati e alle consacrate va il mio augurio di essere nella nostra Chiesa locale, il seme della sponsalità, di quell'amore casto, povero e obbediente – oggi tanto prezioso – che è nostalgico richiamo alle alte vette del Regno dei Cieli. A voi carissimi fedeli, impartisco con tutto il cuore la mia benedizione, nell'attesa di incontrarvi presto. La mia benedizione va anzitutto ai poveri, ai bisognosi, ai malati, alle famiglie come pegno di un affetto che la Chiesa di Alessandria vuole esprimere, fedele all'insegnamento del Signore. Contiamo di avere questa premurosa attenzione in stretta collaborazione, pur nella distinzione dei ruoli, con le autorità civili alle quali va il mio rispettoso saluto. L'ultima parola è per i giovani. La quasi totalità del mio ministero in questi ultimi anni si è svolta tra i giovani: quelli della diocesi, gli universitari, i seminaristi. Cari giovani, fatemi sentire a casa: statemi vicino! Vi abbraccio e vi benedico con molto affetto. A tutti chiedo preghiere affinché il mio ministero episcopale possa essere sinfonico servizio per ciascuno di voi. Le prime preghiere le chiedo al Cardinale Giuseppe Versaldi, che con fatica ha portato avanti per lungo tempo un doppio incarico: a Lui il mio grazie a nome della Diocesi per la sua generosità.

Alla Vergine Maria, mia celeste patrona, alla nostra Madonna della Salve, chiedo con affetto di figlio che
siamo custoditi nella carità sotto il suo materno manto!
In Cristo
Guido Gallese
Vescovo eletto di Alessandria


INTERVISTA



Vengo per essere Pastore mandato dal Signore
La nomina di monsignor Guido Gallese a Vescovo della Diocesi di Alessandria è stata annunciata alle 12 di sabato 20 ottobre dai cardinali Bagnasco e Versaldi nelle rispettive sedi episcopali di Genova e Alessandria.
La nomina del nuovo Pastore ha alimentato molte aspettative e avevamo un solo mezzo per soddisfare le curiosità: intervistare il Vescovo Guido. Ci ha accolti nell’Ufficio diocesano per la Pastorale universitaria di Genova, del quale è stato responsabile per lunghi anni.
Per conoscerlo e farlo conoscere, abbiamo voluto partire dagli inizi della sua la vocazione al sacerdozio.

- La mia vocazione al sacerdozio è nata attraverso una lunga tribolazione. Sono nato in una famiglia cattolica, i miei genitori erano cattolici, mia madre in modo particolare era molto fervente, di una fede che non si fermava all’apparenza, alla pratica religiosa, ma nascondeva una ricerca continua. Io la prendevo in giro e la chiamavo teologa e lei si infuriava: “Non chiamarmi teologa, non sono una teologa!” Però la mamma era una donna che aveva un profondo senso di Dio, quel senso di Dio che deriva dalla contemplazione e che fa conoscere Dio “per esperienza”. Lei mi ha trasmesso la fede e poi sono entrato negli scout al terzo anno di liceo, seguendo la sua raccomandazione di entrare in qualche gruppo per non essere portato via dalla corrente. Ho avuto la fortuna di avere un assistente scout strepitoso, un prete eccezionale che si chiamava don Angelo Bagnasco, adesso ben conosciuto come cardinale .
Ho avuto una formazione molto bella, molto profonda che mi ha segnato grandemente, con un amore al Rosario che mi è stato trasmesso da mia madre. Già dalle medie andavo a Messa durante la settimana e al liceo più regolarmente. Poi ho cominciato a chiedermi che cosa vuole il Signore da me, piuttosto che cosa io voglia fare da grande. Ero un felice e appassionatissimo matematico – in seconda media avevo già deciso di fare matematica – però ho cominciato a pormi delle domande con la direzione spirituale del mio assistente scout e ho cominciato con il rosario e la Messa quotidiane, poi la meditazione quotidiana e sono arrivato a un punto in cui la mia vita spirituale era cresciuta veramente. Però, quanto ad orientamento vocazionale ero al buio come il primo giorno. Il Signore a volte fa così. Ci mette alla prova.
E’ andata a finire che nell’estate dell’85 il Signore mi ha chiamato. Ho guardato un po’ indietro la mia vita facendo un lungo periodo di preghiera e ho visto che le uniche cose per cui era veramente valsa la pena vivere erano stati i moment di preghiera e di servizio per cui ho capito che il Signore mi chiamava a consacrarmi.
Pensavo di avere due anni per pensarci ma poi le cose sono precipitate perché a settembre del 1985, a Genova, è venuto Giovanni Paolo II. Avevo letto qualche cosa sugli Apostoli che mi aveva veramente scaldato il cuore e quando è arrivato Giovanni Paolo II ho sentito proprio la presenza di Pietro che veniva a confermare nella fede la comunità di Genova. Quando è arrivato al palasport di Genova, con 15.000 giovani, è stata un’esperienza incredibile. Io al palasport avevo visto di tutto – la pallacanestro, il football americano, il motocross, i concerti dei vari cantanti e gruppi musicali – ma quando il Papa alzava le mani verso le gradinate esse venivano giù dall'entusiasmo: avevo la pelle d’oca. E poi ci ha detto delle parole fortissime: “Giovani prendete la vostra vita nelle vostre mani e fatene un capolavoro per Dio”.
E così questo desiderio di essere a disposizione del Signore è diventato sempre più grande fino a precipitare in pochi giorni: una sera sono andato dal mio padre spirituale esprimendo il desiderio di raccontargli la mia vita spirituale per fare un po’ il punto della situazione. Alla fine del racconto gli ho detto: “Da questo si deduce che sono chiamato a diventare sacerdote diocesano!”. “Sono tre anni che lo penso”, mi rispose. Così sono entrato in Seminario a 23 anni.
Ho detto al mio clan che entravo in Seminario e quella sera lo dicevo ai miei amici e osservavo le loro faccie perché nessuno ci credeva; poi tutti si fermavano a vedere la reazione di quello che veniva dopo. E’ stata una delle serate più divertenti della mia vita.
Avevo il problema di dover partire per il servizio militare, ma il cardinal Siri mi chiamò e mi disse: “Caro, i tuoi superiori hanno fiducia in te, anch’io. Chiedo al Papa la dispensa per farti ordinare Diacono”. E il 23 aprile dell’88 sono stato ordinato Diacono dal cardinal Canestri, in terza Teologia, prestissimo, il giorno di San Giorgio, patrono degli Scout e anche di Genova. Poi è successo che nel ’90 il cardinal Canestri mi ha chiamato e mi ha detto che aveva pensato di anticipare la mia ordinazione presbiterale di un anno. Così il 29 settembre del ’90, giorno di san Michele Arcangelo (raffigurato come San Giorgio), sono diventato sacerdote.
Anni dopo, in prossimità del mio anniversario di ordinazione il mio padre spirituale attuale mi ha detto: caro don Guido, quasi tutti i santi hanno ricevuto le stigmate nella quaresima di S. Michele Arcangelo e la ragione è questa: se uno vuole trafiggere il demonio deve lasciarsi trafiggere come Gesù Cristo. Perciò io vengo con questa prospettiva: la voglia di amarvi da morire e anche con la consapevolezza che non ne sono capace. Di mezzo c’è, per fortuna, la Grazia.
Sono diventato vice rettore del Seminario maggiore poi ho fatto tre anni il vice parroco in una grossa parrocchia di città a Quarto dei Mille. Successivamente, sono stato mandato parroco di sei parrocchie con don Giacomo Casaretto a Davagna e nello stesso tempo studiavo a Roma Filosofia, un massacro.
Eravamo stati mandati a “chiudere” le parrocchie dicendo alla gente di diventare responsabili, di imparare a camminare da soli perchè i parroci che sarebbero venuti dopo di noi avrebbero abitato giù in città, e sarebbero arrivati in parrocchia solo a celebrar Messa la domenica. La gente si è svegliata, io ho preso la patente per guidare i pullman ed abbiamo acquistato un pullmino da 17 posti radunando tutti i bambini insieme per insegnare il catechismo in un’unica parrocchia. Facevamo anche la catechesi degli adulti e avevamo 20-25 adulti tutti i venerdì sera. Il Vescovo ausiliare che ogni anno veniva da noi a cena per fare un po’ il punto della situazione, è rimasto stupito e ha assicurato i fedeli che non avrebbe più tolto i parroci. Poi, il Vescovo ha detto di voler fare la stessa esperienza sull’altro versante del Bisagno e così mi ha trasferito a Baragli dove ho cominciato con altre cinque parrocchie, vivendo nuovamente un’esperienza bellissima. Il Signore mi ha sempre fatto la grazia di vedere i primi frutti poco prima di essere spostato. Dopo quattro anni è arrivata la nomina a Responsabile della Pastorale Giovanile, direttore dell'Ufficio per l'Università, Padre Spirituale del Seminario e Docente di Antropologia, Etica, Filosofia della Religione ed Ateismo Contemporaneo. Incarichi che ho tenuto negli ultimi cinque anni, vivendo ancora bellissime esperienze pastorali.

Da questa narrazione della vita di don Guido è facile intuire quale sarà il suo stile di Vescovo. Ma, prima vorremmo chiedere a Lei, che è nato nell’anno in cui iniziava il Concilio Ecumenico Vaticano II, cosa ha rappresentato per lei questo evento e, soprattutto, cosa può rappresentare per i giovani che non l’hanno conosciuto, vissuto.
- Penso che il Concilio sia ancora molto da realizzare, il nostro Santo Padre ha proprio ragione. Anche Giovanni Paolo II diceva che dobbiamo ancora studiarlo, rileggerlo, conoscerlo. Il cardinal Siri diceva che il Concilio va letto in ginocchio.
Partendo dalla mia esperienza di pastorale giovanile vedo che i giovani hanno desiderio di conoscere il magistero della Chiesa. Il Concilio ha ancora molte cose da dire ai giovani di oggi che sono molto più liberi interiormente di noi. Sento tante lamentele sui giovani, ma in realtà sono una generazione molto migliore della mia e di quella che mi ha preceduto perché non hanno le ideologie che hanno segnato la nostra epoca: i giovani cercano la verità e le vanno dietro, senza preconcetti.

Ai giovani, nel suo messaggio, ha detto “fatemi sentire a casa”. Cosa chiede ai giovani di Alessandria.
- Voglio avere un posto nel loro cuore, essere un pezzo della loro famiglia. Per me, dopo questi cinque anni, la casa sono i giovani. Stasera (martedi 23 ottobre, ndr) ho forse l’ultimo incontro con i miei giovani ed è un pezzo di cuore che si strappa. Per me il martedi è il giorno più bello della settimana, è il giorno in cui mi incontro con i giovani, sto con loro fisicamente, c’è una bella Messa alle sette di sera ed essi partecipano con un cuore grande, poi ci mangiamo una pizza insieme e facciamo qualcosa di molto interessante. Voglio che i giovani abbiano un rapporto con il loro Vescovo, che si sentano a casa con me, che si sentano in famiglia con me e che io mi senta in famiglia con loro.

Al clero, ai consacrati e alle consacrate che lo attendono cosa chiede.
- Al clero non voglio chiedere niente. Nell’Anno della Fede chiedo solo che credano in Dio. E’ una cosa che può scandalizzare, ma non sto pensando di andare in una Diocesi dove ci sono dei preti atei, tuttavia nella vita spirituale più vado avanti più sto regredendo alle basi: il mio punto centrale è che io creda profondamente in Dio. Con la testa ci sono (ringraziando il cielo non ho problemi di ortodossia!), ma mi capita spesso di vedere della gente con una fede semplice, ma così profonda, così vera che sembra quasi che vedano il Signore!
Non vengo ad Alessandria per essere un manager. Vengo per essere il Pastore mandato dal Signore io sono qui per i preti, prima di tutto per loro. Facendo il padre spirituale del Seminario mi sono molto appassionato alla vita dei giovani che decidono di donarsi al Signore. Aiutarli è la cosa più bella che ho visto in questi anni. Negli ultimi anni i nostri seminaristi sono andati in crisi prima dell’Ordinazione anziché dopo: è una grazia del cielo, perché quando sono in seminario possono essere aiutati, hanno una comunità attorno, dei superiori, il padre spirituale. Aiutare questi giovani a rendere il loro cuore libero per servire il Signore è stata un'esperienza bellissima!
Io ci sono per i miei preti, prima di tutto per quelli che soffrono, perché la sofferenza di un prete è una cosa dura. Non voglio lasciar soli i preti. So che sarà un’impresa difficile. Ma quello che può fare un prete – la benedizione, la consacrazione, il rimettere i peccati – è qualcosa di unico.
Nel mio indirizzo di saluto, ai religiosi e alle religiose ho detto loro di essere segni della sponsalità. Nel mio ministero mi è capitato tante volte di incontrare dei consacrati che hanno perso il senso della sponsalità. E quando perdiamo questo le cose che facciamo diventano pesanti. E quindi finiamo in relazioni brutte: i maschi a farsi i fatti propri le donne invece si inaspriscono. Voglio che i consacrati e le consacrate veramente presentino lo scandalo di Cristo agli occhi del mondo, che è bellissimo. E’ la parola di speranza più bella: quella di persone che in questo mondo, fatto di consumo e di denaro, vivono la povertà, in questo mondo fatto di sesso vivono la castità, in questo mondo fatto di autorealizzazione vivono l'obbedienza alla Chiesa. Sono contento anche che abbiamo il monastero delle Carmelitane Scalze a Betania di Valmadonna e sono contento di aver conosciuto, mesi fa, madre Amata.

E agli alessandrini cosa chiede.
- Chiedo che seguano i loro sacerdoti, che li amino, così i loro sacerdoti potranno aiutarli.

Eccellenza, viene in Alessandria in un momento difficile per tutta la città.
- Lo so, sono problemi grossi. Ho letto negli occhi del mio Vescovo, che è anche presidente della CEI, il dolore per la crisi che sta colpendo l'Italia. Mi ha impressionato il vederlo addolorato e impotente. Anch’io sono impotente ma ho qualcosa di grande fra le mie mani, che è il Vangelo e che ci chiede di andare incontro agli altri non solo per un dovere di giustizia ma di amore. Se noi facciamo le cose per amore, con amore, l’amore sana anche le ferite degli animi, che sono le più profonde. Credo che l’amore serva a riguardare i problemi in una chiave differente: non di contrapposizioni, non di egoismi, non di piccole meschinerie, ma in un orizzonte più vasto. Se questo amore si diffonde e diventa uno status sociale allora cambia tutto e insieme si supera la crisi. Però ci deve essere l’amore alla base. Un amore gratuito.
Desidero ardentemente collaborare con le autorità civili, nel rispetto dei ruoli e spero di trovarmi di fronte cuori e menti aperte a capire e ad accogliere il supplemento di anima che la vita autenticamente cristiana è per la comunità civile. E’ soltanto l’amore quello che cambia la realtà di una società.

Ha già pensato al suo motto?
- Vulnerasti cor meum (dal Cantico dei cantici cap. 4) Tu mi hai rapito il cuore sorella mia, mia sposa, mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo, con una perla sola della tua collana.

Monsignor Guido Gallese è arrivato all’appuntamento genovese a bordo della sua bicicletta pieghevole. Eccellenza, cosa ne farà da Vescovo del suo mezzo di locomozione?
- Me la porto dietro in Alessandria.

Perché usa la bicicletta?
- Perché abito nel centro storico di Genova e posso usare solo lo scooter o la bicicletta. La macchina non ci passa fisicamente e l’ho regalata a mio nipote.

Pensa di utilizzarla anche ad Alessandria?
- Può darsi. Vedremo. Non per andare in visita pastorale ma per girare si può fare. Mi fa bene fisicamente. Sono un iper sportivo. Giocavo a pallacanestro come sport principale, calcio, nuoto, pattinaggio, snowboard, sci.

Monsignor Guido Gallese ha un fratello: Riki. Vuole parlarcene?
- Lavora in Regione. E’ più giovane di due anni. Ha cinque figli. E’ ancora capo scout. E’ un uomo di grande fede, va a Messa tutti i giorni. Fra noi c’è una grande complicità.

E agli scout alessandrini cosa dice?
- Ricordatevi della C, che è nel nome della nostra associazione.

Verrebbe voglia di continuare a conversare con il Vescovo Guido ma il tempo è tiranno e, sebbene abbia dimostrato una grande disponibilità, è lecito pensare che debba ancora occuparsi di tante cose prima di lasciare Genova.
Alessandria l’aspetta con trepidazione per corrispondere al suo desiderio di farla sentire come a casa. Non abbiamo il mare e il clima della sua Genova ma il cuore degli alessandrini saprà accoglierla con gioia e fiducia per camminare insieme un nuovo tratto della nostra vita.
Marco Caramagna

 

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