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Soliti affondi contro la Chiesa
Il direttore di Avvenire risponde a una domanda sull'evasione fiscale della Chiesa
22/08/2011
Il direttore risponde I soliti affondi dei soliti noti Caro direttore, sul Corriere della Sera del 15 Agosto 2011, Beppe Severgnini dopo avere riconosciuto il ruolo meritorio sostenuto dalle famiglie italiane nell’affrontare la crisi attuale e dopo avere parimenti riconosciuto il determinante contributo dato alla società dalla Chiesa cattolica con tutte le sue benemerite istituzioni – ospedali, scuole, case per anziani… – conclude inaspettatamente con la provocatoria proposta che sia la Chiesa a venire in aiuto delle famiglie rinunciando in loro favore della esenzione Ici di cui godono i suoi immobili a destinazione non di lucro, dato che il Governo nicchia e non ci vuole sentire da questo orecchio. Conclusione paradossale suggerita evidentemente da una mente obnubilata dal solito pregiudizio laicista che pare affliggere il Nostro come pure il da lui citato Mario Soldati per il quale troppi denari «nocciono al prestigio della Chiesa, rimpicciolendole l’orizzonte , caricandola di un peso, gravandola un’altra volta dell’antico potere temporale». E già i danari meglio lasciarli sempre e solo ai soliti noti... Loro sì che ne faranno un buon uso. Giuseppe Maria Sesta
Umberto Folena, il 18 agosto, ha già risposto a tono alle accuse travestite da consigli e a malconsigliate accuse alla Chiesa cattolica fiorite qua e là con (casuale?) sincronia su alcune testate per far da (casuale?) contraltare alle analisi e agli appelli del presidente della Cei, di esponenti cattolici e di questo giornale per una correzione all’insegna dell’equità della manovra-bis, che – allo stato delle cose – risparmia gli evasori e penalizza le famiglie con figli. Oggi, caro signor Sesta, Folena lo fa di nuovo nella nostra pagina degli editoriali (qui il link)e ce ne occupiamo anche in sede di cronaca, a pagina 5 (qui il link). Come sempre non ci stupiamo, e non ci disinteressiamo, di certe iniziative: parlar male della Chiesa (del bene che fa, di ciò che ha e condivide, e dei richiami valoriali che compie) è tentazione antica e ritornante. Io stesso, del resto, sin da domenica 14 agosto, avevo segnalato al suo primo delinearsi questa ripresa di un purtroppo ben noto e malevolo pressappochismo anticlericale. Negli ultimi giorni le puntate – radicalmente ispirate – sono continuate. Nessuna novità, appunto, solita maliziosa deformazione delle cose con conseguente opera di disinformazione. Folena tre anni fa scrisse articoli su articoli, raccolti in un libro davvero utile (“La vera questua – Analisi critica di un’inchiesta giornalistica”, che può essere scaricato qui) su questo aggressivo tic, sulle sue gravi ragioni e sulla realtà dei fatti. Ma lei vuol mettere un libro documentato e firmato da un pur ottimo giornalista cattolico al cospetto del dossierino trendy prodotto e veicolato dal portavoce radicale di turno? E già, gentile signor Sesta, in tutti i campi, sempre i soliti noti… Magari con qualche consapevole o inconsapevole sponda in casa nostra. A più di qualcuno dà fastidio – e vorrebbe dividere con il veleno del dubbio e persino della maldicenza – una Chiesa che è comunità di credenti in Cristo raccolta attorno alle sue guide (e non una società spaccata in classi). Una Chiesa che ancora e sempre parla di Dio e di ciò che davvero vale alla gente vera di questo nostro Paese, ma che non si limita a parlare e da secoli – secoli! – fa: costruisce luoghi della comunità, li tiene aperti e coinvolge, cura, soccorre, accoglie, istruisce, ispira... Una Chiesa che sa ascoltare la gente, che ne amplifica voce e attese, che ne è sostenuta e la sostiene. Una Chiesa che rispetta le leggi, non le elude e non evade. Una Chiesa che invoca e si batte – attraverso gli uomini e le donne che ne sono parte viva – perché le leggi siano buone e per cambiare le leggi cattive e ingiuste. Si cerca di raccontarla, invece, come un’«azienda», questa Chiesa, come una lobby… Non la capiscono, non ci capiscono. O capiscono troppo bene, caro amico, che le loro logiche non sono le nostre e mai lo saranno. Marco Tarquinio
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